Le tappe
CHIESA DI SAN GIOACCHINO
Accoglienza cordiale
Dopo aver apprezzato gli uliveti e la terra rossa che ritroviamo lungo la strada, arriviamo a Ceglie e ci fermiamo ad ammirare la facciata della chiesa di San Gioacchino, quel giorno chiusa. Consigliamo di visitare il suo interno di forma ottagonale che richiama la struttura centrale del Pantheon. Mentre scattiamo delle foto, una gentile signora, vedendoci interessate ma allo stesso tempo intente a trovare la giusta angolazione, ci invita ad entrare in casa per scattarne altre dal suo terrazzo che si affaccia sulla chiesa. Una donna cordiale con la quale è facile chiacchierare ed il primo dei piacevoli incontri che durante la nostra permanenza ci farà apprezzare l’indole accogliente dei cegliesi.
LA COLLEGIATA DI SANTA MARIA ASSUNTA E IL CASTELLO DUCALE
Il cuore del centro storico
Ci dirigiamo subito verso la chiesa matrice che sorge su quella che era l’acropoli della città. Costruita nel XVI secolo, poi ristrutturata nel XVIII secolo, presenta una facciata proto-neoclassica ed una cupola maiolicata. L’interno è maestoso e presenta alcuni dipinti del noto pittore pugliese Domenico Antonio Carella che ha lasciato nella nostra regione diverse pregevoli opere. La piccola piazzetta sulla quale si affaccia la Collegiata è deliziosa e girandoci a 360° su noi stesse la guardiamo in silenzio.
Sulla stessa piazzetta si affaccia il Castello Ducale, opera in stile normanno-svevo-aragonese, che si può considerare il simbolo della città. La sua struttura è stata modificata nel tempo e la nota famiglia dei Sanseverino ha donato al castello un aspetto più signorile. Si accede all’atrio del castello tramite un possente arco; le pareti dell’atrio sono decorate con gli stemmi delle famiglie nobili che governarono il feudo. Sulla sinistra si può osservare il nucleo originario della struttura, una torre normanna del 1100, accanto alla quale vi è un pozzo con colonne, da cui la popolazione locale attingeva l’acqua nei periodi di siccità.
MESSER BISCOTTO DI CEGLIE
Storia, gusto, passione.
Passeggiando tra i vicoli cegliesi non possiamo non apprezzare il profumo di “cucinato” che sa di casa e di famiglia e che ci accompagna mentre cerchiamo il bar storico dove assaggieremo u’ “Piscquettələ”, biscotto tipico Presidio Slow Food. È il “Bar Centrale” su c.so Garibaldi, praticamente un'istituzione di Ceglie. Il piccolo ottocentesco bar pasticceria dei fratelli Fugazzaro è uno scrigno di bontà, sentiamo nell’aria profumo di…buono, e i dolcetti sono già lì esposti in bella mostra. Ad accoglierci sorridente c’è Maria Cristina Fugazzaro ed è subito facile intavolare con lei una piacevole e lunga conversazione che ci fa capire quanta passione e quanto rigore ci sia dietro la produzione dell’autentico biscotto di Ceglie. Perché al Caffè Centrale si è sicuri di trovare la versione autentica del noto dolcetto. Da quattro generazioni in questa bottega si produce con fierezza il biscotto in due versioni: quello tradizionale e quello con glassa di zucchero e cacao. Maria Cristina ci tiene anche a sottolineare che non troviamo esposti i biscotti già confezionati poiché viene confezionato tutto al momento “ciò che è artigianale non deve essere impacchettato tempo prima, altrimenti sarebbe industriale!”. Pasta di mandorle (rigorosamente pugliesi) zucchero, uova, confettura di amarene o di mele cotogne, agrumi. Ovviamente, mentre chiacchieriamo, ci vengono offerte entrambe le versioni doverosamente accompagnate dal rosolio “Gioia Mia”, prodotto da antica ricetta di famiglia, a base di limone, menta e zafferano. Come descrivere la sensazione che si prova? Bisogna semplicemente andare a Ceglie!
LA BELLEZZA DELLE GROTTE CARSICHE: MONTEVICOLI
Piacevole sorpresa
Nel dopopranzo ci aspetta una bella sorpresa, quella delle Grotte di Montevicoli a circa 1,5 km dall’abitato di Ceglie, nell’omonima contrada. Raggiungiamo le grotte seguendo la segnaletica presente già nel paese, lì ci aspetta una guida che ci accompagnerà in questa piccola ma affascinante cavità carsica. Il percorso si snoda tra stalattiti, stalagmiti e colonne per 150 metri ed è bello scorgere tra le concrezioni forme curiose e interessanti.
TRA VICOLI LASTRICATI: VISITA DEL CENTRO STORICO
Passeggiando nella storia
Visitiamo il centro storico in compagnia di Maurizio, guida simpatica e appassionata dell’Associazione Amici del Borgo Antico. La passeggiata si rivela una sorpresa in ogni angolo; portali, palazzi e stemmi nobiliari ovunque, un patrimonio che in qualche caso andrebbe maggiormente valorizzato, come la chiesa di San Domenico. Questa chiesa merita una considerazione particolare in quanto è normalmente chiusa al pubblico, un tesoro barocco che riusciamo a visitare grazie alla disponibilità di Maurizio che riesce a recuperare in extremis la chiave del portone d’entrata. Al suo interno cappelle con tele dipinte, stucchi, un coro ligneo di pregevole fattura, un meraviglioso organo, un pulpito con lo stemma di Federico II e statue ovunque. E’ stata una fortuna per noi visitare questo sito, ma se vi capiterà di visitare il centro storico con questa associazione chiedete se è possibile dare anche uno sguardo alla chiesa di San Domenico perché ne vale la pena.
UN TUFFO NELL’ARTE MODERNA: LA PINACOTECA
Tra storia e modernità
Il Castello Ducale è il fulcro del sistema museale integrato di Ceglie "Sistema Gusto Arte" e ospita la Pinacoteca Emilio Notte. Emilio Notte è un noto pittore cegliese che si è reso protagonista nell’ambito delle correnti innovative del XX secolo. Spicca tra le opere esposte la "Grande Crocifissione". Mentre apprezziamo il recente allestimento delle sale interne del castello, ci colpisce questo angolo di modernità in un piccolo contesto ricco di storia e di tradizione come quello di Ceglie. Nella pinacoteca sono presenti anche opere di giovani artisti provenienti da tutta Italia selezionate per il "Premio Notte".
PAUSA PIACEVOLE NELLA PIAZZA CENTRALE
Sedute "in salotto"
Giunge il momento di sostare per un aperitivo analcolico al fresco di uno dei bar che si affacciano sulla piazza centrale, p.zza Plebiscito. Il bar è Plebiscito 51, ci sediamo all’esterno e la piazza (piccolo salottino all’aperto) è pacatamente animata da turisti e gente del luogo e dominata dalla torre dell’orologio costruita nel 1890 in stile rinascimentale. Ecco, la piazza è la fotografia della nostra Puglia!
TRA ARCHEOLOGIA E ARTE CONTEMPORANEA
Il MAAC
Ci colpisce che Ceglie sia sede di un Museo Archeologico e dell’Arte Contemporanea (MAAC), tra l’altro inaugurato nel 2016 in un edificio ristrutturato, immediatamente fuori dalle cinte murarie del centro storico. Anche qui ci colpisce il binomio fra storia, in questo caso “antichissima”, e modernità. Entriamo e visitiamo gratuitamente la struttura accompagnate da una giovane guida messa a disposizione dal museo: cominciamo con la parte archeologica che espone vasellame e altri reperti di epoca messapica e proseguiamo con la sezione di arte contemporanea che espone le altre opere legate al Premio Notte.
CENA DA “CIBUS”
Piacevole atmosfera pugliese
Con un certo languorino facciamo tappa da CIBUS, piccolo ristorante rustico-chic collocato in un ex convento del XV secolo. Ci accomodiamo all’aperto tra gli archi di pietra: meloni gialli appesi al soffitto (i cosiddetti “meloni a pane”), un piccolo pergolato di viti, le cicerchie esposte insieme alle fave secche in piccole teche, i “pomodori a 'nzerta”: siamo in Puglia! Il ristorante dispone anche di salette interne in pietra con arcate dipinte in calce. CIBUS, accanto ai piatti tradizionali proposti in versione originale, propone un menù costantemente aggiornato prediligendo la stagionalità dei prodotti.
Come spesso accade nei ristoranti di Puglia, il primo assaggio è quello del pane intinto nell'olio EVO, in questo caso prodotto dallo stesso ristorante. Tra gli assaggi di antipasto apprezziamo in modo particolare la crema di cicerchie con crostini di pane e la stracciatella pugliese (tipica mozzarella sfilacciata ed immersa nella panna o crema di latte) con tartufo. I due primi piatti ci coinvolgono con i loro profumi, frutto di ingredienti sapientemente accostati: maccheroncini neri con ragù di coniglio, pecorino, peperone e pomodorini, e linguine con crema di cicerchie e bietola con delicato profumo d’aglio. Accompagniamo i piatti con un vino rosato da Negroamaro VERSANTE di Cantine Vallone.
Nel dopocena decidiamo di passeggiare ancora tra i vicoli (ancora più affascinanti con la luce artificiale). Notiamo con piacere che c.so Garibaldi e p.zza Plebiscito, i luoghi più centrali di Ceglie, si sono piacevolmente animati con gente che passeggia o che popola pub e bar. L’aria sa di festa, di condivisione di cuore pugliese. Arrivederci a Ceglie!
Cosa ci portiamo a casa

Informazioni utili
GROTTE DI MONTEVICOLI: Il costo del ticket è di 2€ mentre quello della visita guidata 1€. Per prenotare la visita abbiamo contattato la guida autorizzata (cell. +39 320.7232549).
SISTEMA GUSTO D'ARTE: http://www.cegliesistemagustodarte.it/ (nel sito è possibile trovare un altro numero di riferimento e i giorni e gli orari di visita delle grotte di Montevicoli).
BISCOTTO DI CEGLIE: http://biscottodiceglie.it/
BAR CENTRALE: www.caffe-centrale.it
ASSOCIAZIONE AMICI DEL BORGO ANTICO: https://www.facebook.com/AmiciDelBorgoAntico/
RISTORANTE CIBUS: http://www.ristorantecibus.it/
BAR PLEBISCITO 51: https://www.facebook.com/plebiscito51/
AL FORNELLO DA RICCI: http://alfornellodaricci.com/ristorante/
MED COOKING SCHOOL: http://www.medcookingschool.it/

Vaghe citazioni
Omaggio al poeta Pietro Gatti (poeta cegliese)
A terra meje
… A terra meje,
asccuate cu rragge do sole,
cu ll’arsure andiche, ca manghe u sudore
de megghjare i mmegghjare de zappature
maje ì rriussciute cu stute.
Angore ‘ngun’ate jesse a demèneche a mmesse,
cu ttotte a spadde angurcate a ‘n derre,
rumase pe ssembe a lla tagghjole de na fatie
senze nessciuna rèchje,
cu a catene accurtessciute a lla pesare d’a chiofe amare.
A terra meje,
totte nu culore de sanghe seccate da sembe,
chjene de petre de tuttu nu munnu sgarrate
– o pure jòssere de quanda muerte? –
anzieme cu a maledezzione
d’a stese de le pendemare;
sembe a lla ripe d’a vite,
vvruvuggnose come a nnu peccinne
cu a vestezzodda corte d’a sorsa ggià mmorte;
a ll’abbanduene de tutte;
lassate p’a speranze de nu cre sarà cchjù mmegghje…
..A terra mea bbone, ca spette – da quande!-
cu a pacienze d’a fame
assettute sobbe o scalone, senze na mane d’aiute,
cu nna pavure de fame
ca le dìchene angore: “jagghje pasce!”
ca se pò mmove, nu ggiurne arraggiate,
jsanne u bbastone a ll’affese, a lle ‘nzurte.
…A terra meje, toste i sdeggnose sole de cuere,
ggelose de chjange,
de le smòrfie de rise ind’a fatture d’u miere
sarà pe nna ssende i nna vvete,
sembe cchjù stangate, cchjù ssole, cchjù afflitte
– percé ? –
… A terra mea vere, a terra jaspra meje,
c’avaste picca rùzzene d’a zappe
cu ttorne n’ata sarvagge
cu lle vasapiete i lle sccrasce;
a terra c’u coru mije agghjuse,
udiate cu ttuttu u bbene de totta l’aneme,
u sangu mije ambunne.
Ca riumésce amarore de fele,
ca nange jave forze manghe jasce cu ccange,
angandate jind’a morte de ggne ggiurne
come a nna véstia malate sobbe o stagghje
totta lassate a lla tambe i o sulenzie d’u scure.
La terra mia
… La terra mia,
bruciata con rabbia dal sole,
con l’arsura antica, che nemmeno il sudore
di migliaia e migliaia di zappatori
mai è riuscito a spegnere.
Ancora qualcun altro esce la domenica per messa,
col dorso incurvato tutto verso terra,
rimasto per sempre alla trappola di una fatica
senza nessuna requie,
con la catena accorciata alla pietra della zolla amara.
La terra mia,
tutta un colore del sangue rappreso da sempre,
piena di pietre di tutto un mondo crollato
– oppure ossa di quanto morti? –
insieme con la maledizione
della distesa delle rocce;
sempre sul ciglio della vita,
vergognosa come un fanciullo
con la vesticciola della sorella già morta;
nell’abbandono di tutti;
lasciata per la speranza di un domani forse migliore…
… La terra mia buona, che aspetta – da quanto!-
con la pazienza della fame
seduta sul gradino, senza una mano d’aiuto,
con una paura di fame
che le dicano ancora: “abbi pace!”
che si può muovere, un giorno arrabbiato,
levando il bastone all’offesa, agli scherni.
… La terra mia, dura e sgradevole solo nella spessa pelle,
schiva di piangere,
delle smorfie di riso nella fattura del vino
forse per non sentire e non vedere,
sempre più stanca, più sola, più attristata,
– perché ? –
… La terra mia vera, la terra aspra mia,
che basta poca ruggine della zappa
perché torni un’altra volta selvatica
con i baciapiedi e i rovi;
la terra col cuore mio rinchiuso,
odiata con tutto l’amore di tutta l’anima,
il sangue mio profondo.
Che rumina amarezza di fiele,
che non ha forza neppure di mutar giagitura,
attonita nella morte di ogni giorno
come una bestia malata sullo stabbio
prostrata nel tanfo e nel silenzio del buio.
